10 dicembre, Giornata mondiale dei Diritti
Umani. Dal primo dicembre è in
corso in blitz contro i migranti africani nei quartieri di Algeri, che vengono
deportati in un campo a Tamanrasset 1900 km a sud per essere espulsi, senza
alcuna spiegazione delle autorità algerine. Si tratta di ben 1400 i migranti
subsahariani provenienti in maggioranza da Nigeria, Niger, Liberia, Camerun,
Mali e Guinea.
Ad Algeri tutti i quartieri dove vivono i migranti
dell’Africa subsahariana sono stati circondati dalla polizia. I migranti sono
stati arrestati nelle loro case, nei luoghi di lavoro o per strada. Le retate
non risparmiano le persone malate, gli anziani, le donne incinte, i bambini, gli
immigrati regolarmente residenti, i richiedenti d’asilo e profughi.
Nel suo report, Human
Rights Watch pubblicato ieri denuncia “l'espulsione massiccia e sommaria di migranti fra i quali uomini e
donne che sono forse fuggiti dalle persecuzioni o lavorano in Algeria da anni
costituirebbero una violazione dei loro diritti”. La HRW apporta che i gendarmi algerini hanno usato manganelli, gas
lacrimogeno ed insulti nei confronti di numerose persone, in particolare delle
donne e dei bambini per costringerli a montare sugli autobus, denunciando la gravissima dichiarazione
di Farouk Ksentini, avvocato e presidente della Commissione nazionale
consultiva di promozione e di tutela dei diritti dell'uomo in Algeria, (CNCPPDH), un'istituzione pubblica che dipende
dalla Presidenza, che
ha detto che “la presenza dei migranti e dei profughi africani in molte
località del paese può causare problemi agli Algerini; egli espone, in
particolare il rischio della propagazione dell'AIDS e altre malattie
sessualmente trasmissibili”. L'avvocato ha aggiunto che “questa malattia è diffusa
fra questa Comunità”. Cosi l’avvocato dei diritti umani incoraggia le autorità del
suo paese ad espellere i migranti africani “per fermare questa catastrofe che
c'è impostata”, ha detto.
Inoltre, le associazioni locali dei diritti dell'uomo hanno
denunciato questi arresti massicci di migranti e la loro detenzione arbitraria
e violenta. Il sindacato autonomo
algerino, SNAPAP, ha denunciato “la più grande caccia all’uomo nero dopo
l’indipendenza”.
Non è la prima volta che il governo algerino usa le
maniere forti per rispedirli indietro, violando i diritti umani e ogni
convenzione internazionale sui rifugiati.
Già nel 2012 un rapporto del Jesuit Refugee Service,
presentato a Bruxelles, denunciava un aumento dei rimpatri forzati e delle
violazioni dei diritti umani dei migranti in Algeria. Ma nulla è stato fatto né
dall’ONU né dall’UE né dall’UA.
Don Mussie Zerai, sacerdote scalabriniano eritreo
diventato un riferimento per molti profughi. In Algeria “Ormai non viene
attuata nemmeno la Convenzione di Ginevra, che impedisce queste deportazioni di
massa: non si verificano le reali situazioni e le condizioni di quelle persone
e se hanno i requisiti per essere riconosciute come rifugiate”.
Lo scorso 30 settembre Amnesty International ha
lanciato l’allarme in un rapporto sulle condizioni dei migranti subsahariani in
Algeria, denunciando, oltre alle deportazioni le violazioni dei diritti umani,
lo sfruttamento e il razzismo di cui sono vittima.
“Ad Algeri viviamo dentro i cantieri abbandonati,
lavoriamo in quelli aperti, i padroni ci chiamano “schiavi”.
L'Algeria è firmataria
della convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati. Questa
convenzione impedisce gli Stati di espellere o di allontanare un rifugiato
verso un luogo dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.
Inaccettabile!
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