sabato 8 febbraio 2014

La comunità marocchina in Italia. Un ponte sul Mediterraneo

La comunità marocchina in Italia. Un ponte sul Mediterraneo

Edizioni IDOS, Roma dicembre 2013, testo bilingue (italiano e francese)

Ricerca condotta del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico per il Ministero dei marocchini all’estero

Questo volume è frutto di una iniziativa marocchina ideata in una prospettiva bilaterale. Alla sua origine si pone il Ministero di Rabat incaricato della comunità marocchina all’estero, che ha commissionato la ricerca al Centro Studi e Ricerche IDOS, mentre l’Ambasciata del Marocco si è fatta carico della stampa. L’obiettivo è stato quello di analizzare in maniera dettagliata il volto poco conosciuto della comunità marocchina insediata in Italia, fornendo notizie ulteriori al paese di origine e allo stesso paese di accoglienza.
Secondo stime, sono circa 3 milioni i marocchini presenti nell’Unione, la comunità più numerosa dopo quella turca: 300mila nei Paesi Bassi, oltre mezzo milione in Italia e in Spagna, il doppio in Francia. L’Italia si segnala perché i flussi hanno continuato a essere consistenti anche negli ultimi anni, mentre alla Francia spetta il primato nella concessione della cittadinanza. I marocchini sono gli immigrati non comunitari più numerosi in Italia, Spagna e Belgio, mentre si collocano al secondo posto in Francia, nei Paesi Bassi e in Germania.
L’immigrazione marocchina nel “Bel Paese” ha inizio negli anni ’70, quelli delle incipienti restrizioni nelle politiche migratorie degli altri Stati membri, e è diventata più consistente negli anni ’80 e, specialmente, nei due decenni successivi: nel 2001 i soggiornanti marocchini erano solo 167.334 e quelli residenti circa 13mila in più. Il forte aumento è intervenuto nonostante la ridotta espansione dell’economia italiana (aumento di appena 8 punti percentuali del PIL tra il 1992 e il 2012, al netto degli 8 punti percentuali di PIL persi durante la crisi dal 2008 al 2012), e il numero triplicato sta a indicare il fabbisogno strutturale di lavoratori in provenienza dall’estero.
Nel periodo 2001-2012 i soggiornanti marocchini in Italia sono aumentati di 346.040 unità. Il Marocco è stato preceduto solo dalla Romania (aumento di circa 1 milione) e quasi uguagliato dall’Albania (differenza di poche migliaia). Nello stesso periodo sono emigrati dall’Italia circa 10mila marocchina e 30mila sono stati quelli cancellati per irreperibilità. Bisogna anche tener conto, come si vedrà, dei numerosi permessi si soggiorno scaduti e non più rinnovati.
Questa storia più quarantennale ha accompagnato l’evolversi del fenomeno migratorio in Italia. I primi arrivati, sono stati manovali nell’industria e nei campi o, a prescindere dal lavoro svolto in precedenza, venditori ambulanti; quindi sono seguiti i lavoratori in provenienza anche dalle città e infine le mogli e i figli, dando vita a un insediamento stabile e in continuo aumento.
I marocchini, con 513.374 soggiornanti (aumentati alla fine del 2012 dell’1,4%), sono la prima comunità tra gli immigrati, sia africani (1 milione 152mila) sia non comunitari (3 milioni 764 mila) e incidono per quasi il 10% sulla presenza straniera totale, stimata nel Dossier Statistico Immigrazione 2013 UNAR-IDOS pari a 5 milioni e 186mila. Più dei due terzi dei marocchini si trovano in Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia (questa regione detiene un quarto delle presenze). Le province con il maggior numero di marocchini (oltre 30mila) sono Torino e Milano, diverse altre province, tutte nel Nord, ne contano 20mila (Bergamo, Brescia e Modena) o 10mila (Verona, Bologna, Treviso, Padova, Cuneo e Varese), mentre Roma si ferma a quota 9mila e, nel Sud, Salerno e Napoli raggiungono, rispettivamente, 6mila e 4mila soggiornanti. Alcune aree di partenza hanno privilegiato l’Italia come destinazione e, ad esempio, la cittadina marocchina di Fqih Ben Salah (60mila abitanti) è stata denominata “la pétite Milano” per la sua consistente presenza meneghina. Non sono mancati i flussi irregolari, di gran lunga superiori alle quote annuali attribuite al Marocco (appena 4.500 unità) negli ultimi decreti flussi, come si rileva dalle domande riguardanti i marocchini nelle diverse regolarizzazioni: 21mila nel 1986, 53mila nel 1990. 35mila nel 1995, 28mila nel 1998, 55mila nel 2002, 36mila nel 2009, 17mila nel 2012, per un totale di 228mila unità.
Altre presenze irregolari sono emerse, seppure parzialmente, in occasione delle quote annuali stabilite nei decreti flussi: nel 2006 sono state presentate 50mila domande di assunzione di marocchini e nel 2007 le domande sono state 125mila. Non bisogna poi dimenticare le migliaia di marocchini morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo (cfr. il volume IPRIT. Immigrazione Percorsi di Regolarità in Italia, Prospettiva di collaborazione italo-marocchina, Guida del Ministero dell’Interno, Dipartimento Centrale Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo, a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS, Roma, Ottobre 2013).
Nello scenario attuale ai flussi in arrivo si aggiungono i ritorni. Vi sono quelli riguardanti gli irregolari raggiunti da un provvedimento di espulsione (4.206 intimazioni di lasciare il paese e 1.446 provvedimenti effettivamente eseguiti) e quelli riguardanti i lavoratori che, perso il posto di lavoro, non ne trovano un altro nel termine di 12 mesi (prima i mesi a disposizione erano solo 6).
Nel 2011 sono stati 28.502 i permessi di soggiorno non rinnovati a cittadini marocchini (su un totale di 263mila) e nel 2012 19.854 (su un totale di 180mila). In qualche dibattito questa normativa è stata paragonata a un efficace ammortizzatore sociale a favore degli italiani, perché riduce al minimo il sostegno dello Stato a favore degli immigrati colpiti dalla disoccupazione.
I marocchini sono andati affermandosi come una comunità dedita al lavoro, versata nel commercio, dalla spiccata dimensione familiare e fortemente stabile (oltre il 64,1% è titolare di permesso come lungosoggiornante, sopravanzando di 10 punti la media dei non comunitari).
I visti per motivi familiari in ciascuno degli anni 2000 sono stati superiori alle 10mila unità (addirittura 24.864 nel 2007); sotto l’impatto della crisi, sono scesi a 8.853 nel 2011 e a 6.023 nel 2012. In tutti questi anni (salvo nel 2005 e nel 2007) il Marocco è stato il primo paese per numero di visti per ricongiungimento familiare. Le donne incidono, attualmente, per il 43,7% sulla presenza totale. Il tasso di natalità è elevato e i nuovi nati nel 2011 sono stati 14.622, di cui 12.608 da entrambi i genitori marocchini. L’incidenza dei minori (150.023, di cui 655 non accompagnati) è tra le più elevate (30,8%). In ragione di queste caratteristiche familiari, i marocchini hanno inciso per oltre un decimo sull’indennità di maternità e per oltre un sesto sugli assegni per il nucleo familiari e sui congedi parentali. Inoltre, la preoccupazione per far inserire al meglio i loro nuclei induce i marocchini a essere meno predisposti alla mobilità territoriale e a contenere l’invio delle rimesse, che comunque continuano a essere di notevole entità (242 milioni di euro nel 2012, mentre raggiunsero i 339 milioni di euro nel 2007).
I matrimoni misti nel periodo 1992-2011 sono stati 350mila, oltre il 10% di quelli celebrati in Italia, e circa 25mila hanno riguardato cittadini marocchini. I matrimoni, nel passato, hanno costituito anche per i marocchini la via prioritaria d’accesso alla cittadinanza, ruolo svolto ormai in prevalenza dalle naturalizzazioni da parte di chi ha maturato almeno 10 anni di residenza: nel 2009, ad esempio, per i marocchini i casi di cittadinanza a seguito di matrimonio sono stati 2.866 e quelli a seguito di naturalizzazione 8.714.
La forza lavoro marocchina è costituita da circa 300mila persone, di cui 151mila gli occupati (o di più se si tiene conto dei soggiornanti non ancora registrati come residenti). I settori di inserimento sono: 5,9% agricoltura, 52,7% servizi (con netta prevalenza di quelli commerciali) e 41,4% industria. La crisi ha ristretto le possibilità d’ingresso e da 36mila visti per lavoro rilasciati nel 2007, immediatamente prima dello scoppio della crisi, si è scesi ai 9.842 nel 2012, anno in cui il saldo tra assunzioni e cessazioni del rapporti è stato negativo. Questa comunità incide nella misura del 18,4% sul lavoro stagionale con 1.826 lavoratori e per meno del 10% sugli oltre 2 milioni di lavoratori dipendenti. Inserito come lavoratori qualificati solo l’1,5% dei lavoratori marocchini (la media tra tutti gli stranieri è del 5,9%), mentre i non qualificati sono il 40,6% (contro una media del 34,6%). Rilevante è anche il loro coinvolgimento nella disoccupazione, specialmente nel caso delle donne (tasso del 35,8%). Il loro livello di istruzione è più basso rispetto alla media dei lavoratori e solo il 26,7% ha conseguito il diploma o la laurea e ciò aiuta a capire perché vengono chiamati a svolgere mansioni più umili e faticose e meno retribuite.
Mentre l’81,6% dei marocchini è occupato come dipendente, il 18,44% lo è in forma autonoma. Questa comunità sta dimostrando un particolare dinamismo imprenditoriale, così che nel 2012 marocchini titolari di impresa individuale hanno inciso per un sesto sull’insieme delle imprese di questo tipo intestate a cittadini stranieri (38.203 su 232.668), con prevalenza di quelle operanti nel commercio al minuto (27mila) e nelle costruzioni (quasi 6mila).
Nell’ultimo decennio in Italia sono state praticate diverse restrizioni per quanto riguarda l’accesso degli immigrati non comunitari a diverse prestazioni socio-previdenziali, nell’intento di evitare un eccessivo aggravio allo Stato e agli enti Locali. In realtà, gli immigrati accedono in misura molto limitata alle pensioni contributive a carico dell’INPS: per i marocchini si tratta di poco più di 2mila casi, anche perché ad aver superato i 60 anni sono appena 26.122 persone (appena 5,1% di quella comunità, quattro volte di meno rispetto agli italiani) e tra l’altro, il limitato accesso alle pensioni contributive è destinato a protrarsi e nel 2025, secondo le previsioni formulate in uno studio del 2011 dell’INPS e di IDOS, sarà 1 pensionato ogni 3,5 tra gli italiani e appena 1 ogni 12,5 tra gli immigrati. Contenuto è anche l’accesso dei marocchini alle prestazioni assistenziali (circa 6.500 casi). Diverse chiusure agli immigrati non comunitari sono state superate a seguito degli interventi della giurisprudenza (di merito, della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale e
della stessa Corte di Giustizia europea), in quanto non rispondente al dettato della Costituzione in materia di assistenza e al principio di parità di trattamento sancito nelle convenzioni internazionali sui lavoratori migranti ratificate dall’Italia, incluso l’Accordo euro-mediterraneo tra il Marocco e l’UE. Invece, non sembra destinato a sbloccarsi lo stallo nella ratifica dell’accordo di sicurezza sociale tra l’Italia e il Marocco, firmato nel 1994, che da una parte comporterebbe oneri finanziari molto alti per l’Italia e, dall’altra, non consente la totalizzazione delle carriere assicurative proprio quando il requisito contributivo è stato portato a 20 anni.
Sul tema dell’immigrazione marocchina, non contano solo i bilanci demografico e occupazionali. Il bilancio culturale può lasciare soddisfatti solo per la frequenza scolastica
(98.106 ragazzi e giovani marocchini iscritti alle scuole italiane nell’a.s. 2012-2013) ma non per la frequenza universitaria. I permessi di soggiorno per motivi di studio sono stati appena 1.033 nel 2012; i laureati marocchini nell’anno accademico 2010-2011 sono stati 134 su un totale di 7.154 (incidenza che sfiora il 2%), e nell’anno accademico 2011-2012 gli immatricolati all’università sono stati 458 (che collocano il Marocco al 5° posto tra i non comunitari) e quelli iscritti complessivamente 1.831.
Si pongono delicate implicazioni sul piano socio-culturale e religioso, a partire dai luoghi di culto, generalmente condivisi con musulmani di altri paesi, come avviene in particolare nella grande moschea di Roma (dove opera il Centro Culturale Islamico d’Italia, di cui è segretario generale un marocchino) ma anche nelle altre 25 moschee dell’area romana (cfr. Caritas e Migrantes di Roma, Immigrati a Roma. Luoghi di incontro e di preghiera, Roma, gennaio 2014).
L’associazionismo marocchino ha sottolineato l’esigenza di favorire la costruzione di nuovi edifici o un soddisfacente adattamento di quelli esistenti per assicurare una dignitosa espressione rituale
della loro religiosità, e questa esigenza è stata recepita anche nella Guida Religioni, dialogo e integrazione, curata nel 2013 per il Ministero dell’Interno, Direzione Centrale dei culti da Com-Nuovi Tempi e IDOS.
Le seconde generazioni, il volto nuovo e poco conosciuto dei giovani marocchini, è stato analizzato in un’indagine dall’associazione Genemaghrebina. Il loro desiderio è quello di integrarsi nella cultura italiana senza perdere quella propria, con una doppia appartenenza in grado di conservare il passato e aprirsi al nuovo, senza far pesare in maniera disfunzionante, specialmente sulle ragazze, i simboli e le tradizioni.
Ancora oggi i marocchini continuano a essere vittime di comportamenti razzisti e discriminatori, come si evidenzia dalle segnalazioni che annualmente pervengono all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Unendo la riflessione storica alla psicologia sociale si constata che una comunità di immigrati, quando assume una chiara visibilità, è maggiormente soggetta a pregiudizi. Questa è stata, a turno, la sorte toccata alle principali comunità straniere. Il primo bersaglio sono stati i marocchini, maggiormente in vista già a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Per loro è stato coniato il termine “vu’ cumprà” (tra il paternalistico e la disistima) e l’aggettivo “marocchino” è stato utilizzato in senso di disprezzo, tanto che è dovuta intervenire ripetutamente la Corte di Cassazione con una netta censura. Successivamente, a fungere da capro espiatorio, sono state la comunità degli albanesi (quasi di uguale peso numerico) e quella dei romeni (molto più numerosa e protetta, peraltro, dal diritto comunitario). In tutt’e tre i casi gli addebiti mossi nei confronti di queste comunità sono andati oltre i rilievi effettivi, come può dimostrare una serena riflessione sui dati statistici.
Nel caso della comunità marocchina uno dei problemi, da tempo conosciuto, è quello delle denunce penali (specialmente per il traffico e lo spaccio di stupefacenti). Tuttavia, bisogna registrare nel 2011 un cambiamento meritevole di approfondimento, perché le denunce penali presentate contro cittadini stranieri sono state 617.706 e quelle contro cittadini marocchini 36.468, per cui la loro incidenza è scesa al 5,9% (mentre costituiscono quasi un decimo dell’intera presenza straniera). Un altro aspetto da prendere in considerazione, peraltro senza le attenuazioni prima richiamate, è la presenza in carcere: tra i 23.436 detenuti stranieri detenuti al 31 marzo 2013 i 4.463 marocchini sono stati la prima nazionalità, con una incidenza del 19,0%.
Tutto lascia intendere che la comunità marocchina aumenterà nei prossimi anni. Per elaborare una previsione realistica bisogna tenere conto dei permessi che arriveranno a scadenza senza poter essere rinnovati, fin quando continuerà la crisi occupazionale. Tuttavia, sia nel 2011 che nel 2012, nonostante le difficoltà economiche e occupazionali, i nuovi ingressi per lavoro e per ricongiungimento familiare dal Marocco sono continuati, seppure in misura ridimensionata.
In un contesto simile, seppure scarsamente soddisfacente e privo di linearità, i ricongiungimenti familiari, difficilmente scenderanno al di sotto dei 7mila riscontrati nel 2012, perché molti giovani lavoratori marocchini stabilitisi in Italia vorranno ricongiungersi con la moglie e i figli o vorranno far venire la fidanzata per sposarsi.
Nello stesso periodo, gli ingressi dal Marocco per lavoro (quelli maggiormente soggetti all’andamento congiunturale), potranno per qualche anno scendere al livello minimo di 6/7mila l’anno, salvo restando un loro aumento nella fase di ripresa. E così, ipotizzando inizialmente almeno 14.000 nuovi arrivi dal Marocco e almeno 12mila nuovi nati in Italia da entrambi i genitori
marocchini e successivamente arrivando a un incremento medio di 30mila/32mila persone, si può stimare che nel 2020 la comunità marocchina sarà composta da circa 800mila persone.
La tesi di questo libro, recepita nel titolo, è che il fenomeno migratorio può anche favorire lo scambio tra il Marocco e l’Italia, facendo degli immigrati un ponte sul Mediterraneo. Il rapporto è attualmente disuguale. I cittadini italiani residenti in Marocco sono stati solo 4.434 al 31 dicembre 2012, a fronte di una collettività italiana all’estero di 4.341.156 e di una cospicua presenza marocchina in Italia. Nel futuro gli immigrati potranno essere efficaci mediatori di scambi più intensi, nella consapevolezza che una maggior simbiosi tra i due paesi riveste apprezzabili implicazioni sociali, religiose e anche commerciali e industriali. Il volume allude, in chiusura, agli aspetti positivi che potrebbero derivare da un più efficace collegamento tra le due sponde, tenuto conto che la strategia del cauto riformismo sta riservando al Marocco un futuro promettente. Alcuni progetti, dei quali si parla nel testo, vanno già in questo senso ma non è che l’inizio. Se questo intreccio di comuni interessi diventerà maggiormente operativo, molto sarà dovuto agli immigrati che così spesso hanno fatto la spola tra i due paesi.

Per informazioni Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico
Via Arrigo Davila 16, 00179 Roma (Metro A: Fermata Colli Albani)

Tel. 06.66514345 – E-mail: idos@dossierimmigrazione.it

martedì 4 febbraio 2014

Cooperazione: Italia-Marocco, firmato gemellaggio tra comuni di Liveri (Na) e Dakhla

Dakhla 04 febbraio 2014- E’ stato firmato oggi l’accordo di gemellaggio tra la città marocchina di Dakhla e Liveri, comune italiano della provincia di Napoli. La firma è avvenuta in Marocco alla presenza del presidente del consiglio comunale di Dakhla, Sidi Slouh Joumani e dal sindaco di Liveri, Raffaele Coppola. L’accordo ha come obiettivo quello di rafforzare la cooperazione e lo scambio di esperienze economiche, culturali e turistiche tra le due città.
Il sindaco Coppola ha sottolineato che questo gemellaggio “interviene nell’ambito degli sforzi degli immigrati marocchini residenti in Italia per favorire il ravvicinamento tra il popolo marocchino e il quello italiano”.
Il presidente del consiglio del comune marocchino, Sidi Slouh Joumani, ha evidenziato l’importanza di questo accordo “che permetterà alla sua città di usufruire dell’esperienza della città italiana nell’aspetto turistico e culturale”, aggiungendo che “una delegazione di Dakhla visiterà prossimamente Liveri”.
La visita a Dakhla è stata, inoltre, l’occasione per la delegazione, composta anche dai membri della giunta del comune napoletano di conoscere i progetti socio-economici e culturali in corso nella regione Oued Eddahab-Lagouira.

lunedì 3 febbraio 2014

Avviso particolare tuttora valido della Farnesina sulla sicurezza in Algeria

Per maggior informazioni utili a tutti, pubblichiamo volentieri l’avviso particolare, diffuso il 28.01.2014 e tuttora valido, del Ministero degli Affari Esteri italiano sulla situazione della sicurezza in Algeria e i campi di Tindouf, in cui si raccomanda inoltre di sospendere tutti i viaggi non indispensabili nei campi saharawi di Tindouf e di prendere contatto con l’Ambasciata d’Italia ad Algeri prima di programmare un viaggio nella regione dei suddetti campi.  Le misure di sicurezza e il livello di protezione dei campi saharawi non sono omogenei. Anche per questo è opportuno disporre di una scorta armata per gli spostamenti.
Yassine Belkassem

Algeria
Il quadro generale di sicurezza nel Paese risente della instabilità attraversata dalla regione saheliana, che ha conosciuto un momento di eccezionale tensione con l’attentato terrorista contro il sito della “Sonatrach – British Petroleum – Statoil”, verificatosi nel gennaio 2013 a In Amenas.
L’accresciuta instabilità nel Sahel è inoltre confermata dagli episodi di sequestro verificatisi negli ultimi anni a danno di cittadini occidentali e perpetrati da gruppi legati al movimento terroristico di Al Qaida nel Maghreb Islamico (AQMI). 
Il persistente rischio terroristico nella regione si riflette anche nella decisione dell’Algeria di mantenere chiusa la frontiera con il Mali.
Considerato il complessivo quadro di sicurezza, tenuto conto dei sequestri di due connazionali nel febbraio e nell’ottobre 2011 (rispettivamente nei territori a sud della città di Djanet e nell’area ovest limitrofa a Tindouf) e viste le continue operazioni antiterrorismo condotte dalle forze algerine nel sud del Paese, si sconsiglia nella maniera più assoluta intraprendere viaggi nelle regioni algerine confinanti con Mali, Niger, Libia e Mauritania e nelle province di Djanet, Illizi, Tamanrasset. E’ altresì sconsigliato recarsi in viaggio nella regione di Timimoun .
Si raccomanda inoltre di sospendere tutti i viaggi non indispensabili nei campi saharawi e di prendere contatto con l’Ambasciata d’Italia ad Algeri prima di programmare un viaggio nella regione dei suddetti campi.  Le misure di sicurezza e il livello di protezione dei campi saharawi non sono omogenei. Anche per questo è opportuno disporre di una scorta armata per gli spostamenti.
Dati i frequenti episodi terroristici e le azioni di contrasto da parte delle Forze di sicurezza, si sconsiglia fortemente di intraprendere viaggi nella regione della Cabilia, in particolare nelle province di Tizi Ouzou, Boumerdés, Bouira, nonché nelle regioni di JiJel e Bejaia.
Si ricorda che nel recente passato hanno avuto luogo operazioni di polizia condotte dalle forze algerine al confine con la Tunisia.
Alle imprese che abbiano trasferito lavoratori in Algeria si raccomanda la più scrupolosa osservanza delle misure indicate nella sezione  “Disposizioni sulla sicurezza per lavoratori, imprese e cittadini residenti” della voce “Sicurezza” della Scheda. 
Si ricorda che, per la pianificazione di itinerari turistici in Algeria, è comunque necessario appoggiarsi ad una agenzia di viaggio locale riconosciuta dal Governo algerino, che è tenuta a notificare preventivamente alle Autorità di sicurezza il tragitto, ai fini della predisposizione dell’eventuale dispositivo di protezione. Inoltre, sulla base della situazione di sicurezza contingente, le Autorità algerine possono interdire l’utilizzo di certi itinerari turistici o di vie di comunicazione al traffico o imporre l’utilizzo obbligatorio di personale di scorta.
Prima di programmare viaggi turistici nella zona di Ghardaia, si raccomanda di prendere contatto con l’Ambasciata d’Italia ad Algeri per un aggiornamento sullo stato di tensione sociale che ha caratterizzato l'area nelle scorse settimane.

Per maggior informazioni clicca: qui

http://www.viaggiaresicuri.it/index.php?algeria

L’Esercito algerino bombarda assassinando saharawi a Tindouf, sdegno di Capi di Tribù saharawi

Laayoune, 02/02/14 - Costretti di vivere in condizioni di sequestro da decenni in Algeria, i saharawi si sono sollevati contro l’inaccettabile situazione di negazioni dei diritti e hanno deciso di abbandonare i campi anche offrendo la loro vita.
Dopo gli scioperi della fame, nelle prime settimane di gennaio, davanti alla sede dell’ACNUR a Rabouni, la sede di Abdelaziz capo dell’organizzazione separatista “Polisario”, il movimento della rivolta è arrivato in altri campi Aouessred, Smara, Laayoune, Boujdour, in cui la colera dei manifestanti era già effervescente contro le milizie del Polisario dirette dalla gendarmeria nazionale algerina.
La nuova rivolta iniziata questa volta quando l’Esercito algerino ha sparato contro una fuga di massa di abitanti dei campi che tentavano di scappare verso la Mauritania, due persone della tribù R’Guibat sono state uccise, diverse persone ferite e tante altre sparite.
La reazione non ha avuto attesa, migliaia di manifestanti hanno scandito slogan anti Algeria e contro la dirigenza del Polisario invitando l’ACNUR ad assumere la sua responsabilità per garantire i loro diritti calpestati in tutta impunità da diversi decenni dall’Algeria e le milizie Polisario.
I Capi tribù saharawi nelle province sud del Marocco riuniti sabato a Laayoune hanno condannato i crimini barbari perpetrati dall’Esercito algerino e le milizie polisario contro i manifestanti saharawi.
i Capi tribù hanno lanciato appello all’ONU e alle organizzazioni internazionali di andare ai campi di Tindouf per indagare su questi crimini e di informarsi della situazione deteriorata nella quale vivono marocchini sequestrati in questi campi.
Dalla sua parte, il Presidente del Consiglio provinciale di Laayoune nonché Capo di tribù Azerguyine, Mouloud Alouate, ha sottolineato che lo Stato algerino è il responsabile delle violazioni commesse contro i saharawi marocchini a Tindouf, interpellando la Comunità internazionale di assumere la sua responsabilità per “aprire una indagine per determinare le circostanze dell’assassinio di due giovani saharawi e sulla tortura e la repressione esercitate sui saharawi marocchini sul suolo algerino”.
“In qualità di Capi Tribù saharawi condanniamo gli abusi contro i membri di nostre famiglie sequestrate nei campi di Tindouf, l’assassinio e le repressioni del polisario e dell’Algeria e particolarmente le esazioni contro i giovani e le donne in Sit-in di protesta contro le violazioni quotidiane di loro diritti”, indica Abdou Ould Salama Ould Naffaa, Capo tribù.
Mustapha Salma Ould Sidi Mouloud ex ispettore generale della polizia polisariana, allontanato dai campi verso Mauritania perché è favorevole al Piano marocchino di autonomia del Sahara ha fatto il punto sull’allarmante situazione drammatica che vivono gli esseri umani nei campi, caratterizzata da gravi violazioni dei diritti umani perpetrate da oltre 37 anni: detenzioni arbitrarie, tortura, sequestri, sparizioni, schiavitù, negazione dei diritti più fondamentali di espressione, circolazione, censimento, lo sfruttamento algerino alla popolazione dei campi, scrivendo che una settimana fa “Christopher Ross l’inviato personale del SG dell’ONU ha terminato la sua visita senza incontrare i rappresentati dei manifestanti concentranti in sit-in all’oltranza davanti agli uffici del Commissariato per i Rifugiati”. Aggiungendo: “Se, oggi, il mondo è preoccupato del caso dell’embargo di campo “Al yarmok” che raggruppa rifugiati palestinesi in Siria, il caso dell’embargo dei campi di profughi saharawi sul territorio algerino non è per l’appunto diverso per niente. Non ha bisogno di prova ma ha bisogno in modo urgente che il mondo e in particolare la mass media e le organizzazioni internazionali dei diritti dell’uomo di andare a vedere le procedure della sicurezza eccesiva che le autorità algerine e il Polisario hanno iniziato nel cuore della primavera araba per proibire ogni eventuale protesta”.
La TV mediterranea Medi1TV ha intervistato un famigliare delle vittime ucciso, che ha lanciato appello alla protezione dei detenuti nei campi di Tindouf.

http://www.medi1tv.com/fr/tensions-%C3%A0-tindouf-t%C3%A9moignage-et-appel-%C3%A0-l-aide-d-un-proche-des-victimes-maroc-infos-22050


domenica 2 febbraio 2014

LEADER DELL'AZAWAD MALIANO CHERIF RICEVUTO DA RE MOHAMMED VI

di Yassine Belkassem

Marrakech, 01/02/14, Il Re del Marocco Mohammed VI ha ricevuto ieri a Marrakech, il Segretario Generale del Movimento per la Liberazione Nazionale dell'Azawad (Mlna) di Mali, Bilal Ag Cherif, accompagnato dal suo portavoce Mousa Ag al Taher, in presenza del ministro marocchino degli Affari Esteri e della Cooperazione, Salaheddine Mezouar e del Direttore Generale degli Studi e delle Documentazioni, Yassine El Mansouri.
Il ricevimento s’inserisce nell’ambito degli sforzi permanenti del Re del Marocco per aiutare a istaurare in modo duraturo la pace e la stabilità in Mali e per contribuire a un regolamento della crisi maliana iniziata nel gennaio 2012. Il Regno del Marocco adopera da sempre sforzi sostenuti e permanenti per contribuire al regolamento della crisi maliana, attaccato all’unità territoriale di Mali, alla pace e alla stabilità in questo paese nel quadro del rispetto alla dignità de popolo maliano oltre a impegnarsi alla lotta contro la violenza e l’estremismo che minacciano la regione del sahel e il Sahara.
Durante l’incontro, il Sovrano ha reiterato l’impegno costante del Marocco per preservare l’unità territoriale, la stabilità del Mali, e la necessità di contribuire a una soluzione e a un compromesso che permetterebbero di lottare contro i movimenti integralisti e terroristici che minacciano anche i paesi del maghreb, la regione del Sahel e il Sahara; di favorire lo sviluppo; e di garantire la dignità al popolo maliano nella concordia tra tutti i suoi componenti.
Dalla sua parte Bilal Ag Cherif ha presentato una relazione sugli sviluppi della situazione in nord del Mali ringraziando il Re per il suo impegno nella lotta contro la violenza, l’estremismo e il terrorismo che minacciano le regioni del Sahel e Sahara.
MNLA che ha abbandonato le rivendicazioni dell’indipendenza mesi prima dell’inizio della crisi maliana, si è inserito nella logica del dialogo e della pace ben prima dell’operazione francese ed africana Serval, ha abbandonato la lotta armata per attivarsi per una campagna di  un “Mali unito e invisibile che prende conto della singolarità delle popolazioni nel nord maliano”. È stato l’unico movimento avanguardista che ha combattuto i gruppi terroristici in nord del Mali in piena crisi 2012.

In quest’occasione il Re ha incoraggiato il MNLA a continuare ad inserirsi nella dinamica regionale iniziata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e la cedeao con un approccio realistico ed efficiente per una soluzione definitiva e duratura della crisi attuale. Il Sovrano ha ribadito la volontà del Marocco di continuare ad adoperare per arrivare a una soluzione alla crisi maliana, grazie ai legami storici tra Marocco e Mali e l’interesse particolare che porta Sua Maestà il Re alla promozione e l’approfondimento delle relazioni di fraternità, di solidarietà e di cooperazione che uniscono i due paesi fratelli da secoli.