Belkassem Yassine*
30 dicembre 2015
CONGRESSO DEL POLISARIO TRA IL VETO ALGERINO E
I DETTAMI DEL MALAFFARE
L’organizzazione
separatista Polisario ha terminato il suo quattordicesimo congresso tra il 16
ed il 22 dicembre scorso in Algeria, ma i risultati sono come nei precedenti
anni fallimentari.
Alcuni
congressisti ed invitati credevano che si trattasse di un’ultima occasione per
rivedere la situazione e realizzare il cambiamento volto alla presa in carico e
riduzione della tragedia dei “rifugiati” dal peso della loro dirigenza, e
affrontare le totali negazioni dei diritti umani perpetrate dall’Algeria nei
campi di Tindouf. Essi erano convinti che si sarebbero adottate scelte
realistiche e concrete volte alla soluzione finale della situazione del
“rifugio” durata quaranta anni. Essi credevano seriamente che il congresso
avrebbe portato all'elezione di un nuovo capo, avrebbe rinnovato i volti e le
figure di spicco ed avrebbe annunciato finalmente guerra aperta contro il
malaffare nei campi. Nulla di tutto ciò.
Proprio,
pochi giorni prima del congresso è avvenuto un veto algerino che ha scacciato
radicalmente tutto. È accaduto che al Palazzo El Mouradia ad Algeri, il
Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika aveva ricevuto lo stesso capo del
Polisario. L’ingerenza algerina è andata oltre con l’ammonizione dell’Esercito
di sostenere chiaramente la candidatura di Mohamed Abdelaziz. Visto che
l’ordine dell'Algeria ovviamente è indiscutibile ed ogni tentativo di superare
la sua volontà equivarrebbe ad un suicidio politico, il congresso lo ha
indicato come unico candidato, confermandolo capo fisso per quaranta anni
ininterrotti.
I vecchi
membri del comitato esecutivo, dell’ufficio politico ed il gruppo del malaffare
e dei contrabbandieri sono stati riconfermati , riuniti dietro “il primo
ministro” Abdelkader Taleb Omar a sfavore dei richiedenti del cambiamento.
Dare la
possibilità ai giovani risulta immaginabile con una tale cornice, perché
l'Algeria non è mai serena nei confronti dei giovani del Fronte Polisario, i
quali non nascondono la loro profonda antipatia verso la sua politica ed i suoi
dettami e prendono distanza dalla “Sorella Algeria” durante i loro incontri con
i responsabili europei o americani.
Non c’è
stata nessuna risposta al veto algerino ed ai dettami del malaffare e delle
ruberie.
Il congresso
ha di fatto semplicemente confermato e convalidato la situazione precedente:
Mohamed Abdelaziz, 70 anni, nonostante la sua incurabile malattia, è sempre e
per quaranta anni capo del Polisario, capo della “Repubblica” e capo di milizie
armate. Non è strano in un’organizzazione controllata dai servizi algerini
rivelare la mancanza di democrazia ed il dominio del pensiero unico ed
incontestabile: la mancanza di libera decisione, il fallimento totale nel
trovare un’alternativa accettata e condivisa da tutte le correnti attive a
Tindouf ed all’estero proposte dalle attività credibili della corrente Khat Achahid.
I giovani
che, stanchi e delusi, rivendicano la “rottamazione” del Polisario e dei suoi
vertici sono considerati dall'Algeria avversari e nemici dei loro protetti e
degli “intoccabili”.
GUERRA SI,
GUERRA NO?
Da un
altro versante, il congresso non ha deciso di riprendere le armi contro il
Marocco com’era parso, perché evidentemente tale posizione non giova né all’Algeria
né al mondo per motivi geostrategici, anche se rimane altamente possibile il
tentativo rischio terroristico teleguidato contro il Marocco.
Da
sottolineare che la guerra contro il Marocco è impossibile anche perché il
Polisario congiunto all’Esercito algerino ha preferito dare la priorità al
rafforzamento delle forze speciali per la protezione personale e dei propri
interessi, svuotando i centri militari, assicurando la raccolta della fortuna
economica in modo indisturbato, con la precipitazione della situazione nei
campi, l’aumento delle deviazioni degli aiuti umanitari internazionali, la
delusione e la disperazione della popolazione costretta a vivere al cento per
cento degli aiuti.
Dal
cessate il fuoco del 1991 ad oggi, migliaia di guerriglieri sono scappati, la
stragrande maggioranza degli arruolati non sono più validati al combattimento e
per affrontare tale situazione, il Polisario è costretto a mobilitare le forze
speciali di repressione, tutti i civili, nonché i “Bambini Soldato” ed i
rappresentanti all’estero. Inoltre, esso deve cercare altri nuovi mercenari per
avere milizie fiorenti come nel passato. In questo caso i campi e gli uffici
della dirigenza resteranno senza sicurezza e nessuno potrà affrontare la rabbia
delle donne e degli anziani che deciderebbero di manifestare contro la
situazione disumana in cui versano.
Un
centinaio di giovani che avevano abbandonato il Polisario per combattere nella
fila dei gruppi terroristici e criminali nel Sahel e nel sud dell'Algeria non
esiterebbero di far arruolare altri arabi di origini mauritane e maliane nella
loro guerra contro Marocco.
Infine, la
minaccia arriva anche dall’ISIS e dai suoi fratelli AQMI, MUJAO, Gruppo
Saharawi Omar o Amar Sahraui, i quali cercano di aprire un fronte nell’ovest
del mondo arabo, soprattutto dopo la sconfitta di DAESH in Siria ed in Iraq. A
tal proposito, deve essere chiaro per l'Algeria che le organizzazioni
terroristiche vedono nella minaccia di guerra contro il Marocco, un invito
palese di pronta esecuzione.
ALGERIA PARTE PRINCIPALE NELLA QUESTIONE DEL SAHARA MAROCCHINO
Il
conflitto artificiale attorno al Sahara marocchino, durato circa quarant'anni,
è stato creato a tavolino durante gli anni della guerra fredda ed è da
considerarsi come conseguenza della geo-politica regionale e frutto degli
appetiti egemonici dell’Algeria.
L'Algeria
è stata dall’inizio del conflitto la principale interessata durante la guerra
armata negli anni settanta e continua di esserlo fino ad oggi sul livello
diplomatico, politico, finanziario e mediatico. Peggio ancora, l'Algeria
continua a violare i diritti fondamentali della popolazione dei campi di
Tindouf dipendente al cento per cento dagli aiuti umanitari internazionali e
strumentalizzata per obbiettivi di propaganda e di richiesta di ulteriori fondi
senza presentare un resoconto economico e numerico credibile.
L'Algeria
che chiede l’autodeterminazione del Sahara nel 2001, aveva ufficialmente
presentato un progetto di ripartizione del Sahara all’Inviato Personale del
Segretario Generale dell’ONU, James Baker, palesando un atteggiamento che
disprezza il principio di autodeterminazione di cui Algeri fa il suo cavallo di
troia e svela le vere intenzioni, quelle di tipo egemonico. Tale progetto è
stato rifiutato dal Marocco e dall’ONU stessa.
I
separatisti del Polisario sono solo uno strumento dell'Algeria per attaccare
l’integrità territoriale marocchina e bloccare il suo sviluppo su tutti i
livelli.
Come si
può constatare da prove inoppugnabili, L'Algeria sostiene il conflitto del
Sahara, perché i separatisti del Polisario sono installati sul suo territorio a
Tindouf dal 1976, sostenuti diplomaticamente attraverso le ambasciate algerine
che attivano campagne contro il Marocco.
Durante
gli incontri e le sessioni dell’ONU o delle altre organizzazioni internazionali
è proprio l’Algeria ufficiale che rivendica apertamente la separazione del
Sahara per i propri motivi espansionistici. La stragrande maggioranza dei
membri del Polisario sono di nazionalità algerina e quindi reclutati per
difendere le tesi del Paese anche all’estero. I separatisti sono sostenuti
militarmente dall’Algeria dal 1976 che fornisce da sempre le armi ed organizza
la logistica militare ad essi. Non è mancato nemmeno il sostegno economico, in
quanto l'Algeria ha sempre riservato un budget annuale ingente per sostenere il
separatismo del Sahara.
L’implicazione
militare dell’Algeria in questo conflitto è palesata appunto dall'assicurazione
degli strumenti ed addestramenti militari necessari agli esponenti del
Polisario. L'Esercito algerino ha preso parte infatti, direttamente, alle
ostilità attraverso la messa a disposizione di tutte sue installazioni militari
al servizio dei ribelli per lanciare degli attacchi contro la popolazione
Saharawi e contro le Forze Armate Reali Marocchine, negli anni settanta e
ottanta.
È accaduto
che centinaia di militari algerini di diversi gradi militari, ufficiali,
sotto-ufficiali e soldati sono stati catturati ed imprigionati dalle Forze
Armate Reali nella Battaglia di Amgala in Marocco nel 1976.
Essi sono
stati liberati poi dal Marocco a seguito anche della sollecitazione da parte
dell’Egitto e dell’Arabia Saudita e grazie alla affermazione dell'Algeria di
dar prova di buon vicinato verso il Marocco.
Gli ex
prigionieri di guerra marocchini civili e militari dopo il loro rapimento sul
suolo marocchino sono stati sempre interrogati e torturati dai militari
algerini senza alcuna clemenza. Peggio ancora, tra i detenuti di Tindouf,
figuravano anche dei civili marocchini strumentalizzati dai militari algerini e
dai loro adepti mercenari.
Nella sua
politica estera, l'Algeria mette al centro la destabilizzazione dell’integrità
territoriale marocchina, utilizzando anche la compravendita di lobby e
utilizzando i vari contatti distribuiti nel mondo di diverse tipologie ed
entità tra cui governi, associazioni, ONG, media, economia, arte, ecc.
L'Algeria
ha investito nell’arruolamento dei separatisti per inviarli a mettere a rischio
l’ordine pubblico nel sud del Marocco spendendo oltre 300 miliardi di dollari
per tentare di concretizzare il suo progetto.
Il
calvario prolungato del sequestro dei Saharawi marocchini nel territorio algerino
dei campi mostra ancora una volta quanto questo Paese sia stato da sempre
“parte interessata” e profondamente implicata in tale conflitto ed esso sarà
costretto ad assumerne pienamente le responsabilità giuridiche e storiche della
propria politica.
La
regolarizzazione e la soluzione della questione del Sahara impone che Algeria
si impegni, in modo responsabile e costruttivo, nella ricerca di una soluzione
politica, consensuale e definitiva rafforzando i legami con il vicino Marocco e
rilanciando la costruzione del Grande Maghreb attraverso la possibilità di
avviare la regione in una dinamica di progresso economico, di apertura e
dialogo politico e di sviluppo sociale.
Per tutte le motivazioni sopraccitate, la
Comunità Internazionale deve fare pressione sull’Algeria affinché cambi la sua
politica ostile all’unità del Marocco ed affinché accetti concretamente di
impegnarsi per una politica di buon vicinato basato sulla reciproca fiducia e
rispetto.
* Coordinatore nazionale della Rete delle Associazioni della comunità
Marocchina in Italia (RACMI)