Droga,
business e jihadismo. Il collante dei qaidisti nordafricani
Pio Pompa
Quando nel 2001 i talebani minacciavano di far saltare
in aria le magnifiche e antichissime statue del Budda di Bamiyan, il resto del
mondo si illudeva che non l’avrebbero mai fatto. A distanza di undici anni lo
scenario si ripete a Timbuctù, nel cuore del Mali, dove il gruppo jihadista di
Ansar Eddine, affiliato ad al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), ha distrutto
venerdì scorso tre dei sedici santuari islamici della città dopo che, due
giorni prima, l’Unesco ne aveva proclamato lo status di patrimonio dell’umanità.
A nulla è servito il fatto che Timbuctù, dove riposano le spoglie di 333 grandi
eruditi dell’islam, sia stata un crocevia della cultura musulmana espandendone
l’influenza in ogni direzione.
Ancora una volta, le formazioni qaidiste dimostrano che
nella loro azione la religione c’entra poco o niente. C’entrano invece, in un
intreccio estremamente pericoloso, i rapporti organici stabiliti con i
narcotrafficanti dell’America latina, con le multinazionali del contrabbando di
armi e di esseri umani, con le bande specializzate nei sequestri di persona e
nelle operazioni di pirateria. Persino componenti importanti del movimento del
Polisario, pesantemente infiltrate da Aqmi, risultano coinvolte in queste
attività criminali.
Business criminale e jihad, è la miscela che alimenta
e accomuna le formazioni qaidiste nordafricane nella loro strategia di
destabilizzazione e conquista del territorio. Una miscela che ha reso vani i
tentativi, specie da parte algerina e francese, di contrastare una simile
offensiva attraverso la creazione di false cellule di al Qaida da infiltrare
nei gruppi più importanti del terrorismo islamico, a partire proprio da al
Qaida nel Maghreb islamico, Ansar Eddine e Monoteismo e jihad in Africa
occidentale (Mujao).
L’esito è stato pressoché disastroso, giacché
all’interno di tali false cellule, composte da algerini, molteplici sarebbero
stati gli episodi di tradimento della missione da svolgere, rendendo
difficilissimo distinguere i terroristi veri da quelli spacciati come tali e
controllati dai servizi di intelligence di Algeri. Il che rende verosimile,
unitamente alle conferme avute da fonti diplomatiche britanniche, quanto
recentemente affermato dall’ex agente dei servizi algerini, Karim Moulai, sul
radicale e repentino mutamento di strategia adottato dal governo di Algeri nei
confronti delle citate formazioni qaidiste. Secondo Moulai, il presidente
algerino, Abdelaziz Bouteflika, avrebbe personalmente incontrato i capi di tali
formazioni proponendo “un accordo che prevede una sorta di processo di
riconciliazione con il network locale di al Qaida in cambio del suo disarmo,
dell’assicurazione di non compiere attentati in Algeria e del rilascio degli
ostaggi europei, in particolare di Rossella Urru e dei due cittadini spagnoli
sequestrati a Tindouf, nonché dei diplomatici algerini rapiti a Bamako”. Il
tutto dovrebbe perfezionarsi con l’annuncio da parte di Bouteflika di un nuovo
piano di riconciliazione nazionale. Sennonché si tratterebbe di una offerta di
accordo subito percepita dai capi qaidisti come un palese segno di debolezza,
destinato al sicuro fallimento.
Gli attacchi jihadisti continueranno, come pure il
business legato al traffico di droga e a tutto il resto. Intanto gli Shabaab
somali, stretti alleati di al Qaida nel Maghreb islamico, tornano ad
affiancarsi al gruppo nigeriano dei Boko Haram nella strage domenicale di
cristiani attaccando due chiese, nella città keniota di Garissa, uccidendo 17
persone e ferendone almeno 50. Chissà se i due telecronisti tedeschi, che hanno
definito Balotelli e Cassano “cani randagi”, sanno che lo stesso epiteto viene
usato dagli islamisti nordafricani, e non solo, contro ebrei e cristiani.
IL FOGLIO del
04/07/2012, pag. 3
Nessun commento:
Posta un commento