mercoledì 4 luglio 2012

Droga, business e jihadismo. Il collante dei qaidisti nordafricani


Droga, business e jihadismo. Il collante dei qaidisti nordafricani

Pio Pompa
Quando nel 2001 i talebani minacciavano di far saltare in aria le magnifiche e antichissime statue del Budda di Bamiyan, il resto del mondo si illudeva che non l’avrebbero mai fatto. A distanza di undici anni lo scenario si ripete a Timbuctù, nel cuore del Mali, dove il gruppo jihadista di Ansar Eddine, affiliato ad al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), ha distrutto venerdì scorso tre dei sedici santuari islamici della città dopo che, due giorni prima, l’Unesco ne aveva proclamato lo status di patrimonio dell’umanità. A nulla è servito il fatto che Timbuctù, dove riposano le spoglie di 333 grandi eruditi dell’islam, sia stata un crocevia della cultura musulmana espandendone l’influenza in ogni direzione. 
Ancora una volta, le formazioni qaidiste dimostrano che nella loro azione la religione c’entra poco o niente. C’entrano invece, in un intreccio estremamente pericoloso, i rapporti organici stabiliti con i narcotrafficanti dell’America latina, con le multinazionali del contrabbando di armi e di esseri umani, con le bande specializzate nei sequestri di persona e nelle operazioni di pirateria. Persino componenti importanti del movimento del Polisario, pesantemente infiltrate da Aqmi, risultano coinvolte in queste attività criminali.
Business criminale e jihad, è la miscela che alimenta e accomuna le formazioni qaidiste nordafricane nella loro strategia di destabilizzazione e conquista del territorio. Una miscela che ha reso vani i tentativi, specie da parte algerina e francese, di contrastare una simile offensiva attraverso la creazione di false cellule di al Qaida da infiltrare nei gruppi più importanti del terrorismo islamico, a partire proprio da al Qaida nel Maghreb islamico, Ansar Eddine e Monoteismo e jihad in Africa occidentale (Mujao). 
L’esito è stato pressoché disastroso, giacché all’interno di tali false cellule, composte da algerini, molteplici sarebbero stati gli episodi di tradimento della missione da svolgere, rendendo difficilissimo distinguere i terroristi veri da quelli spacciati come tali e controllati dai servizi di intelligence di Algeri. Il che rende verosimile, unitamente alle conferme avute da fonti diplomatiche britanniche, quanto recentemente affermato dall’ex agente dei servizi algerini, Karim Moulai, sul radicale e repentino mutamento di strategia adottato dal governo di Algeri nei confronti delle citate formazioni qaidiste. Secondo Moulai, il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, avrebbe personalmente incontrato i capi di tali formazioni proponendo “un accordo che prevede una sorta di processo di riconciliazione con il network locale di al Qaida in cambio del suo disarmo, dell’assicurazione di non compiere attentati in Algeria e del rilascio degli ostaggi europei, in particolare di Rossella Urru e dei due cittadini spagnoli sequestrati a Tindouf, nonché dei diplomatici algerini rapiti a Bamako”. Il tutto dovrebbe perfezionarsi con l’annuncio da parte di Bouteflika di un nuovo piano di riconciliazione nazionale. Sennonché si tratterebbe di una offerta di accordo subito percepita dai capi qaidisti come un palese segno di debolezza, destinato al sicuro fallimento. 
Gli attacchi jihadisti continueranno, come pure il business legato al traffico di droga e a tutto il resto. Intanto gli Shabaab somali, stretti alleati di al Qaida nel Maghreb islamico, tornano ad affiancarsi al gruppo nigeriano dei Boko Haram nella strage domenicale di cristiani attaccando due chiese, nella città keniota di Garissa, uccidendo 17 persone e ferendone almeno 50. Chissà se i due telecronisti tedeschi, che hanno definito Balotelli e Cassano “cani randagi”, sanno che lo stesso epiteto viene usato dagli islamisti nordafricani, e non solo, contro ebrei e cristiani.
IL FOGLIO del 04/07/2012, pag. 3 

Nessun commento:

Posta un commento