La moltiplicazione degli attacchi terroristici d'ispirazione jihadista,
in Europa, nel corso di questi ultimi due anni, fra cui i tre recenti attentati
perpetrati a Barcellona e a Turku, in Finlandia, pone con acutezza la questione
dell'origine e delle cause di questa recrudescenza della violenza terroristica,
che si è concretizzata in circa 38 attentati che hanno provocato decine di
morti nella popolazione europea, lasciando tutte le religioni e tutte le
comunità sbigottite e confuse.
Se è vero che i conflitti siriano ed iracheno hanno costituito un tipo
di catalizzatore per questa ondata terroristica senza precedenti che ha colpito
il Continente europeo - tenuto conto del ruolo centrale svolto
dall'organizzazione terroristica ibrida ISIS, “Daech”, e, in una misura
inferiore, da “Al Qaeda”, nella promozione dei nuovi concetti ideologici di
quello che si vuole chiamare il “jihadismo globale” - la nascita e il
consolidamento del pensiero jihadista deve molto anche a fattori endogeni,
propri della società europea, laddove vivono frange delle Comunità musulmane in
Europa, in particolare delle Comunità d'origine maghrebina, fortemente radicate
in Francia, Belgio, Spagna, Germania, Paesi Bassi e Italia.
Questi fattori sono, tra l'altro, legati al sentimento di
marginalizzazione, provato da alcuni giovani musulmani europei in mancanza di
prospettive sociali rassicuranti; all'assenza di una politica di gestione
efficiente delle questioni identitaria, culturale e religiosa;
all'esacerbazione della xenofobia e del razzismo in alcune società europee,
come testimoniano i successi elettorali di alcuni partiti di estrema destra.
Dinanzi a questa situazione, molti giovani musulmani europei,
solitamente alle prese con le problematica dell'insuccesso scolastico e ridotti
alla disoccupazione, si sono spinti verso la criminalità e la delinquenza,
riempiendendo così gli ambienti carcerari in Europa nei quali alcuni di loro
sono stati reclutati e indottrinati dagli ideologie dell'islamismo radicale.
Altri,
in preda a una crisi identitaria, si sono rivolti verso i luoghi di culto
controllati dai movimenti islamisti radicali (Fratelli Musulmani, Partito di
Liberazione Islamica, Jamaat Al Adl Oual Ihsane), incubatrici dell'ideologia
radicale, che orientano gradualmente le reclute verso “il Salafismo Jihadista”
(raccomandato da Daech e Al Qaeda), che afferma che l'Occidente cristiano e “i
Crociati” siano responsabili del declino della civiltà musulmana.
Di
qui questa violenza inaudita, verificata nel corso degli attentati attribuiti a
queste due organizzazioni terroristiche nel Continente europeo, che mostrano
“una volontà apocalittica di distruzione massimale”, come si evince dagli
attentati di Parigi (novembre 2015), di Bruxelles (marzo 2016), di Berlino
(dicembre 2016), di Manchester (maggio 2017) e, più recentemente, di Barcellona
(agosto 2017).
La maggior parte di questi attacchi ha la particolarità di essere stati
realizzati da giovani elementi terroristici europei d'ascendenza maghrebina
(Marocco, Algeria, Tunisia, Libia); giovani per
quali l’unico legame con i Paesi del Maghreb è rappresentato
dall'origine dei loro genitori o dei loro nonni. Questi giovani sono
generalmente provenienti da ambienti svantaggiati in Europa; spesso hanno
fallito nei loro studi e una parte di loro si è sviluppata in seno degli
ambienti della delinquenza e della criminalità.
Per ciò che riguarda gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, si
ritiene che gli elementi terroristici coinvolti siano tutti giovani belgi o
francesi, nati e cresciuti in questi Paesi. Il kamikaze Ismael Omar Mostefai è
un francese d'origine algerina, Samy Amimour è un altro francese d'origine
algerina, Foued Mohamed Aggad è un francese d'origine marocchina, Brahim
Abdeslam è un altro francese d'origine marocchina; e Abdelhamid Abaaoud, la
mente degli attentati di Bruxelles, era un belga d'origine marocchina.
Nel caso degli attentati del 22 marzo 2016 a Bruxelles, si trova la
stessa tipologia, cioè giovani cittadini belgi, certamente d'origine
marocchina, ma che non hanno alcun legame con il Marocco, come i kamikaze Najim
Laachraoui, Mohamed Abrini, Khalid El Bakraoui, Brahim El Bakraoui.
Gli
attentati verificatisi il 17 e il 18 agosto 2017, a Barcellona e nella stazione
balneare catalana di Cambrils, sono stati perpetrati da una cellula
terroristica composta da 12 cittadini marocchini di età compresa tra i 17 e i
44 anni, tutti stabiliti in Spagna, cresciuti e scolarizzati in quel Paese. I
fratelli Hichamy, Omar (21 anni) e Mohamed (24 anni), hanno accompagnato i loro
genitori in Spagna fin dalla tenera età. I fratelli Abouyaaqoub, El Houssaine
(19 anni) e Younes (22 anni), hanno vissuto in Spagna con i loro genitori sin
dalla loro prima infanzia.
I fratelli Aalla, Said (19 anni), Youssef (22 anni) e Mohamed (27 anni),
sono in Spagna, con i loro genitori, sin da quando erano bambini. Infine,
Moussa Oukabir (17 anni) è nativo di Ripoll, in Spagna, mentre suo fratello,
Driss (28 anni), vive in questo paese dall'età di 10 anni.
Da parte sua il cosiddetto imam Abdelbaki Essatty (44 anni), nato in
Marocco, è un trafficante ben noto di stupefacenti, immigrato in Spagna nel
2000, dopo aver abbandonato la propria donna e i bambini, rimasti a Tetuan.
Infine, Mohamed Hou Chemlal (21 anni), persona naturalizzata spagnola, vive in
Spagna con i suoi genitori dall'età di 6 mesi.
L’evidenza di un gruppo terroristico staccato dal Regno marocchino
sembra essere occultata da rappresentazioni mediatiche che tendono a mettere in
primo piano le origini e la nazionalità marocchine delle persone coinvolte
piuttosto di ammettere che si tratta di una deriva estremista di cui sono
colpevoli, soprattutto, gli immigrati in rottura con le società d'accoglienza.
Da questo punto di vista, sarebbe errato demonizzare il paese d'origine
dei terroristi in questione, dal momento che il Marocco non saprebbe, mai,
essere responsabile del comportamento dei suoi cittadini cresciuti in Spagna,
che sono europei a tutti gli effetti, e che semmai possono essere considerati
prodotti della società nella quale vivono.
La stigmatizzazione gratuita del Marocco come “esportatore di
terrorismo” equivarrebbe a fare credere che esista in Marocco una
predisposizione genetica alla violenza, mentre la radicalizzazione dei
terroristi nei loro Paesi di accoglienza si nutre dal fallimento delle
politiche d'integrazione, unito ai problemi identitari, alle frustrazioni
socioeconomiche, alla sensazione di rifiuto. Tutti fattori che rendono il
radicalismo islamista più attraente, come è attestato dal caso recente del
marocchino Abderrahmane Bouanane (23 anni), autore dell'attacco con coltello,
del 18 agosto 2017, nella città finlandese di Turku. Bouanane è stato
radicalizzato sul suolo finlandese, sposando le tesi di “Daech”, sotto
l'influenza di un predicatore dell’odio stabilito in Finlandia.
La componente immigrazione è, ormai, determinante nel terrorismo che affligge
i Paesi europei, dove gli attentati sono l'opera di giovani non integrati e
radicalizzati, sia nelle prigioni, sia nelle moschee o nelle sale di preghiera
non autorizzate, o che sono in contatto con intermediari dell’internazionale
“jihadista”, incontrati sul web e sulle reti sociali.
Tuttavia, la radicalizzazione degli autori degli attentati di Barcellona
nelle caverne di un luogo di culto di fortuna nella località di Ripoll, sotto
l'influenza dell'imam autoproclamato Abdelbaki Essatty, dovrebbe suscitare un
interesse dei media maggiore rispetto all’andare ad effettuare interviste a
parenti lontani, fra cui i nonni che vivono in modo pacifico nei loro villaggi
in Marocco.
Per concludere, se la minaccia terroristica incarnata da questa frangia
di giovani terroristi europei d'ascendenza maghrebina espone direttamente
l'Europa a un nuovo terrorismo di massa, ispirato da Daech e consimili, è
diventata una fonte di preoccupazione di sicurezza principale per gli Stati
europei, non occorrerebbe occultare la questione lancinante della minaccia
trasversale, rappresentata da questi stessi giovani terroristici, contro i
Paesi del Maghreb di cui sono originari i loro genitori e nonni, e dove le
autorità di questi Paesi hanno messo in evidenza, in questi ultimi anni, la
loro implicazione in progetti di attentati.
Piuttosto che consegnarsi a un
esercizio di accuse non fondate e facili sulle origini di un terrorismo
fondamentalmente ed esclusivamente europeo, occorrerebbe apprezzare e
consolidare la dinamica di cooperazione eccellente che esiste in materia di
lotta antiterroristica tra il Marocco e l'Europa (e riconosciuta da questi
stessi Paesi europei!), e che ha permesso il fallimento di molti progetti di
attacchi terroristici pianificati da Daech.
NB
Mentre scrivo, il ministero
dell’Interno italiano fa sapere che: “Con un provvedimento
firmato dal ministro dell'interno, Marco Minniti, è stata eseguita oggi, 28
agosto, l'espulsione di un cittadino marocchino, per motivi di sicurezza dello
Stato.
Si
tratta di un 37enne marocchino, detenuto per reati comuni, già inserito dal
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nel “1° livello di analisi
(Alto)” per aver esternato il proprio compiacimento in occasione dell’attentato
al Museo del Bardo di Tunisi, ritenuto “una giusta risposta all’intervento
militare della Coalizione internazionale nei Paesi di religione mussulmana”.
Il marocchino espulso
aveva, altresì, aggiunto che non avrebbe avuto difficoltà né ad entrare nello
Stato Vaticano per compiere atti violenti né ad avvelenare la rete idrica di
Roma.
Inoltre, in carcere
aveva fatto parte di un sodalizio attivo nel proselitismo estremista guidato da
un altro jihadista tunisino legato all’ideologia dell’autoproclamato stato
islamico. Insieme ad altri detenuti, nel giugno 2015, aveva anche organizzato
una violenta spedizione punitiva nei confronti di un altro recluso.
Per questi motivi, è
stato adottato il provvedimento di espulsione a firma del ministro dell'Interno
ed è stato rimpatriato oggi con accompagnamento nel suo Paese di provenienza
con un volo diretto in Marocco decollato dalla Frontiera aerea di
Roma-Fiumicino.
Con
questo rimpatrio, il 71° del 2017, risultano 203 le espulsioni di soggetti
gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso eseguite con accompagnamento
nel proprio Paese dal gennaio 2015 ad oggi”.