ROMA (Reuters) - Il
presidente del Consiglio Matteo Renzi sarebbe disposto ad accettare alcune
modifiche al suo disegno di legge costituzionale che ridimensiona le competenze
del Senato, ma non accetterà stravolgimenti all'impianto della riforma, in caso
contrario arriva addirittura a minacciare di poter abbandonare palazzo Chigi.
Lo ha detto
questa mattina lo stesso Renzi all'assemblea dei senatori del Pd, riassorbendo
la fronda di una minoranza del partito che aveva avanzato una proposta di legge
diversa, come riferiscono alcuni dei partecipanti. In serata poi, nel corso
della registrazione del programma di RaiUno 'Porta a Porta', Renzi ha detto che
il primo voto della riforma sarà non più entro il 25 maggio ma entro il 10
giugno: "Siccome la polemica era che l'iniziativa era solo a fine
elettorale, vi mostriamo che non è così e arriviamo al 10 giugno per il voto in
prima lettura, 15 giorni in più nessuno si scandalizza. Basta che non sia un
modo per rinviare".
Le
rettifiche riguarderebbero soprattutto la composizione e le modalità di
designazione dei senatori, che comunque non sarebbero scelti con le elezioni
politiche, ma, coerentemente con il progetto di "Senato delle
autonomie", all'interno delle Regioni e dei Comuni.
"Non è
un progetto autoritario, faremo tutti gli sforzi per trovare un punto comune.
Ma se non si trova, sono pronto a fare un passo indietro. A tutti i costi non
ci sto, piuttosto vado a a casa", ha detto il premier ai suoi senatori,
come riferito da uno di loro.
"MANI
LIBERE A REGIONI SU MODALITA' ELEZIONE SENATORI"
Renzi
avrebbe poi avanzato una "proposta di sintesi" sulla designazione dei
senatori: "Lasciamo alle Regioni le modalità di individuazione dei
consiglieri regionali che ricopriranno il ruolo di senatori".
"Prendo
poi atto delle critiche all'idea, mutuata dal Bundesrat tedesco, che il capo
dello Stato nomini 21 senatori", ha aggiunto, come riferito da un secondo
partecipante.
Al termine
della riunione Renzi non ha rilasciato dichiarazioni, ma il vicesegretario del
Pd Lorenzo Guerini ha detto: "Mi sembra che si vada verso l'elezione
indiretta dei senatori e ci possa essere condivisione su questo nel Pd".
Il ddl
costituzionale presentato dal governo in Senato per la prima lettura prevede che
sia solo la Camera dei deputati ad esercitare la piena funzione legislativa, la
sola a votare la legge di bilancio e ad avere un rapporto esclusivo di fiducia
con il governo, esercitando il controllo su di esso.
Il nuovo
Senato concorrerebbe comunque alla formazione delle leggi costituzionali,
quelle di attuazione delle norme Ue, all'elezione del presidente della
Repubblica e dei membri del Csm e della Consulta per la quota di competenza del
Parlamento. Potrebbe poi avanzare proposte di modifica ai disegni di legge in
discussione alla Camera che riguardano argomenti con ricadute sugli enti
territoriali.
Quanto alla
composizione - il tema al centro delle critiche all'interno e fuori dal Pd - il
ddl governativo prevede che nel nuovo Senato siedano 148 rappresentati di
Regioni e sindaci in quota paritaria più 21 nominati dal capo dello Stato (su
320 senatori attuali). Di diritto sarebbero senatori i presidenti di regione e
provincia autonoma (Trento e Bolzano) e i sindaci dei capoluogo di regione e di
provincia autonoma. Per gli altri ci sarebbe l'elezione indiretta da parte dei
consigli regionali tra propri componenti (2 per ogni regione) e da parte di una
assemblea di sindaci di ciascuna regione tra i loro componenti (2 per ogni
regione).
Ma Vannino
Chiti e altri senatori del Pd hanno depositato in Senato una proposta
alternativa che prevede di mantenere l'elezione dei senatori direttamente dai
cittadini.
"C'è un
approfondimento in corso", ha detto oggi Chiti. "Una possibile
mediazione è che alle elezioni dei consigli regionali i cittadini scelgano dei
consiglieri che siederanno anche in Senato".
La relatrice
del provvedimento al Senato, Anna Finocchiaro del Pd, dovrebbe presentare il
disegno di legge dell'esecutivo assieme ad alcuni emendamenti concordati tra
maggioranza e governo in commissione Affari costituzionali all'inizio della
prossima settimana, probabilmente martedì prossimo come ha detto una fonte del
Pd. Dopodiché potrà partire l'iter di approvazione.
"Chiti,
se vorrà, potrà riformulare le sue proposte come emendamenti, ma mi sembra che
il partito non sia disposto a mettere altri ostacoli", ha detto una fonte
della corrente di minoranza del Pd.
Renzi
puntava ad ottenere il primo voto parlamentare del suo ambizioso ddl, che
toglie anche alcuni poteri alle Regioni ed abolisce il Cnel, proprio in Senato
prima delle elezioni europee del 25 maggio.
Ma la
resistenza di Forza Italia, che pur essendo all'opposizione ha stretto un patto
con Renzi per fare le riforme istituzionali e cambiare la legge elettorale, e
la fronda interna al Pd ha costretto Renzi ad accettare lo slittamento del voto
a dopo le Europee, il 10 giugno, e a cercare una mediazione sui contenuti.
(Roberto
Landucci e Alberto Sisto)
30 aprile 2014