martedì 1 aprile 2014

“Attenzione, il Sahara rischia di esplodere” di Tahar Ben Jelloun

di Tahar Ben Jelloun
Un conflitto resta aperto da 38 anni tra l’Algeria e il Marocco. Nel novembre del 1975, con la marcia pacifica di 350.000 uomini, il Marocco si riprese il Sahara Occidentale, fino a quel momento occupato dalla Spagna. Ritirandosi, la Spagna lasciò al Marocco il compito di sbrogliare la questione territoriale con i vicini (Mauritania e Algeria), interessati anch’essi a questa parte del regno marocchino. L’Algeria ha sempre cercato l’uscita sull’Atlantico. Questo è il motivo per il quale ha sostenuto, finanziato e armato un movimento di liberazione del Sahara, il Polisario. Da quel momento, tra i due Paesi si è innescato qualcosa di più di una semplice diatriba di confine, con scontri che talvolta si sono trasformati in brevi guerre. Il Marocco ha fatto tutto il possibile sul piano del diritto internazionale per dimostrare che la regione rientra nell’integrità del suo territorio e che continuerà a battersi per preservarlo e svilupparlo.
L'Algeria, invece, non la vede così. Sistematicamente, ogni qual volta si propone una soluzione, l’Algeria vi si oppone, anche quando il piano ha il consenso delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti o dell’Europa. Così è avvenuto nel 2007 con la proposta marocchina che, garantendo agli abitanti della regione il rispetto dei loro interessi e delle loro specificità culturali e regionali, sulla base di una regionalizzazione e di una decentralizzazione, mirava a dare alla regione una forte spinta nello sviluppo economico e umano.
L’Algeria dei militari (che governano il Paese dall’indipendenza nel 1962) è ferma nella sua posizione di principio, vale a dire, “permettere alle popolazioni di quella regione di autodeterminarsi”, e non è stato possibile organizzare un referendum perché le due parti non erano d’accordo sul numero degli abitanti del territorio in questione. D’altra parte,l’Algeria rifiuta di aprire le frontiere. La situazione è dunque bloccata.
In occasione dell’ultima Marcia verde, re Mohamed VI ha reagito con fermezza parlando chiaramente della disputa. La collera del Marocco è stata provocata da un discorso del presidente Bouteflika in occasione di una conferenza africana di solidarietà con il popolo saharaui. Bouteflika affermava che «la necessità di un meccanismo internazionale di monitoraggio dei diritti dell’uomo nel Sahara, non è mai stata così attuale«. Il Re ha risposto che «il Marocco non riceve lezioni da chi disprezza i diritti umani».
Gli ambasciatori sono stati prima richiamati in patria, poi rimandati nelle loro sedi. Come ha scritto un giornale indipendente, la crisi è grave: «Le provocazioni e le ostilità dell’Algeria ufficiale, che è parte in causa nel conflitto e se ne serve per mantenere i propri interessi egemonici nella regione, sono tali e tante che è impossibile tenerne il conto».
L’Algeria è un Paese molto ricco. Ha giacimenti di petrolio e di gas immensi. Invece di concentrarsi sullo sviluppo e di adoperarsi per un Maghreb Unito, preferisce alimentare un conflitto che ha un alto costo per tutte le parti coinvolte. Tra l’altro, i campi a Tindouf, dove sono confinati i saharaui, sono diventati dei campi di addestramento del terrorismo internazionale. Questo addensarsi di pericoli nel sud dell’Algeria ha suscitato la preoccupazione degli Stati Uniti. Per esempio, certi gruppi terroristici che agiscono nel nord del Mali provengono proprio da questa regione.
Perché l’Algeria si oppone al piano di autonomia proposto dal Marocco dal 2007?
Semplicemente perché il potere algerino teme che ispiri l’opposizione cabila e faccia precipitare il paese in una situazione inestricabile.
Bruce Riedel, direttore dell’“Intelligence Project” del Brookings Institution, ha scritto che «i generali algerini hanno deciso di prolungare nel tempo e il più a lungo possibile lo status quo, temendo ogni sviluppo che possa andare verso una qualsiasi apertura politica e condurre quindi potenzialmente a rivendicazioni democratiche che ai loro occhi rappresentano un pericolo».
La primavera araba non ha, infatti, trovato una sua strada in questo Paese. Il popolo algerino è stanco, martoriato da una guerra civile atroce che dura da più di dieci anni, conseguente all’annullamento da parte del potere ad Algeri delle elezioni del 1991 vinte dal Fronte islamico della salvezza. Invece di dare un sostegno e contribuire a sviluppare l’Unione del Maghreb, lo Stato algerino insiste nel sostenere un movimento che può diventare un vero pericolo per la regione. Immaginiamo per un attimo che all’avvio dell’Europa, negli anni Sessanta, i cinque Paesi del Maghreb avessero fatto convergere le loro economie, le loro culture e i loro progetti: oggi costituirebbero un’entità forte e importante in grado di imporsi con forza sulla scena internazionale. Invece, gli egoismi degli uni e la paura degli altri hanno ceduto il terreno alle avventure criminali del terrorismo e alle manovre per ostacolare lo sviluppo economico e degli abitanti della regione. I popoli, tuttavia, sono saggi e oggi, sia in Marocco sia in Algeria, le popolazioni si stanno pentendo amaramente delle posizioni oltranziste che hanno fatto il gioco delle divisioni e del sottosviluppo. Il problema del Sahara è stato fin dall’inizio un pretesto per mettere i bastoni tra le ruote al Marocco. Dietro alla presidenza di Abdelaziz Bouteflika, che nel 1975 era ministro degli Affari esteri e ha appena annunciato di volersi candidare per il quarto mandato come Capo dello Stato «perché lo vuole il popolo» (elezioni il 17 aprile), i fili li tirano i generali che non hanno alcun interesse a risolvere la situazione: il «popolo», prima o poi, potrebbe chiedere loro di risponderne.

traduzione di Guiomar Parada


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