di Yassine
Belkassem
La
Repubblica Centroafricana affronta oggi una delle sue più gravi crisi interne della
sua storia. Un paese con ampie aree del suo territorio sono cascate nelle mani
di milizie criminali e dove i saccheggi, il reclutamento di bambini soldati,
stupri, uccisioni e distruzioni di villaggi sono diventati la sorte quotidiana
del popolo. Una situazione drammatica che ha causato l'esodo di massa, quasi un
milione di persone, un quarto della popolazione, sono fuggite dalle loro case
per raggiungere zone sicure all'interno del paese o nei paesi vicini come il
Ciad, Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo. Una catastrofe
umanitaria senza precedente, impostata da un caos di sicurezza, aggravato da
una potenziale crisi alimentare e da probabili epidemie a causa di un sistema
sanitario in rovina. Questa grave situazione ha condotto molti paesi, tra cui
la Francia e il Regno del Marocco a lanciare allarme e ad avvertire per
l'attuazione di misure urgenti con il sostegno della comunità internazionale
per evitare nuovo deterioramento della situazione.
Infatti,
il caos nella Repubblica centroafricana implicherebbe una destabilizzazione
totale di tutta la regione per la sua posizione geostrategica come crocevia
della zona dei Grandi Laghi, i due Sudan, Camerun, Ciad e Congo. Senza
escludere che l’anarchia in questo paese porterebbe inevitabilmente terroristi
e gruppi criminali provenienti da altri paesi africani e da altrove ad occupare
questo territorio come è stato l’anno scorso in Mali e come vediamo oggi nel
sud dell'Algeria e nei campi dei saharawi sequestrati a Tindouf in sud ovest
algerino. Ecco perché sia urgente porre fine al conflitto interconfessionale
che si è appena emerso nella Repubblica Centrafricana, promuovere il dialogo
interreligioso per una dinamica di pace e di solidarietà siano stabilite in
questo paese.
Visto,
quindi, le eccellenti relazioni politiche di amicizia, di cooperazione e della
solidarietà tra il Regno del Marocco e la Repubblica Centrafricana, Sua Maestà
il Re Mohammed VI ha avuto, il 24 dicembre 2013, una conversazione telefonica
con il presidente francese François Hollande dedicata principalmente ai recenti
avvenimenti in Repubblica Centroafricana e in cui il Re ha espresso al suo
interlocutore la sua grande preoccupazione per il deterioramento della
situazione della sicurezza, il peggioramento della crisi umanitaria e
l'aggravamento delle tensioni interconfessionali nel paese africano, ponendo
l’accento sull'urgenza di creare le condizioni favorevoli a un dialogo
inclusivo che permette a tutto il popolo centroafricano di realizzare concordia
nazionale e di avviare una transizione democratica pacifica nel quadro del
rispetto dell'unità nazionale e che il Regno del Marocco, forte di suoi legami
storici con tutte le componenti confessionali e politiche della Repubblica
Centrafricana, intende contribuire attivamente agli sforzi avviati per
ristabilire la pace e l'ordine pubblico in questo paese e di far cessare la
spirale di attacchi e rappresaglie a carattere confessionale violento, che
colpisce la popolazione, in particolare la comunità musulmana, cosa che
costituisce uno sviluppo altamente preoccupante e particolarmente strano per il
continente africano.
Cosi il Sovrano ha ordinato il 26 dicembre l'invio di un
contingente delle Forze Armate Reali (FAR) alla Repubblica Centroafricana,
dicendo ai militari che la loro missione sarà una nuova pagina che si
aggiungerà alle pagine gloriose dai precedenti contingenti sui vari fronti come
il Congo, la Somalia, Bosnia Erzegovina, Haiti, e ancora che continua nel
Kosovo, la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica della Costa
d'Avorio, dando così per eccellenza la professionalità e l'efficacia del
soldato marocchino noto per la sua grande capacità di adattabilità nell'ambiente
esterno, nel pieno rispetto dei principi della legalità internazionale.
Infine,
si presume che l'unica soluzione nella Repubblica Centroafricana sia come ha
sottolineato il Re del Marocco garantendo una equilibrata e non discriminatoria
protezione a tutte le comunità religiose e etnica per promuovere la nascita di
una vera democrazia lontano da strategie etniche o religiose.
Siena,
29/12/13