Le autorità hanno imposto restrizioni alle libertà
d’espressione, associazione e riunione, arrestando, perseguendo e incarcerando
manifestanti pacifici, attivisti e giornalisti. Le donne dalla violenza
subiscono ancora. I responsabili di tortura e altre gravi violazioni dei
diritti umani compiute nel corso degli anni Novanta hanno continuato a eludere
la giustizia. I migranti irregolari hanno subìto trattamenti deplorevoli,
comprese espulsioni sommarie. I tribunali hanno emesso condanne a morte; non
ci sono state esecuzioni.
CONTESTO
A gennaio, nel sud del paese si sono svolte
manifestazioni di protesta senza precedenti contro il fracking, il sistema di
fratturazione idraulica della roccia per estrarre gas di scisto.
A luglio, almeno 25 persone sono rimaste uccise e altre
sono state ferite nel corso di violenze tra comunità nella valle del M’zab, 600
km a sud della capitale Algeri.
Secondo fonti di stampa, in varie parti del paese si
sono verificati scontri tra le forze di sicurezza e gruppi armati
d’opposizione.
Le autorità hanno dichiarato che le forze di sicurezza
avevano ucciso 109 persone accusate di essere membri di gruppi armati, ma hanno
fornito scarse informazioni sulle circostanze delle uccisioni.
Il gruppo armato al-Qaeda nel Maghreb islamico Aqmi ha
rivendicato la responsabilità di un attentato compiuto a luglio nella provincia
settentrionale di Ain Defla, costato la vita a 14 soldati.
Le autorità hanno continuato a respingere le richieste
di visita nel paese da parte di organismi ed esperti sui diritti umani delle
Nazioni Unite, come quelli sulla tortura, l’antiterrorismo, le sparizioni
forzate e la libertà d’associazione1. Le autorità hanno continuato a non
rilasciare il visto d’ingresso nel paese al personale di Amnesty International
per condurre ricerche sui diritti umani.
LIBERTÀ DI RIUNIONE
A gennaio, le autorità hanno risposto alle proteste
contro la disoccupazione organizzate nella città meridionale di Laghouat
arrestando attivisti e manifestanti pacifici, compresi alcuni che avevano
aderito alle proteste in segno di solidarietà con gli attivisti detenuti.
Alcuni degli arrestati sono stati processati per accuse come partecipazione a
“raduni non armati”; tra questi c’erano Mohamed Rag, Belkacem Khencha e altri
membri del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati
(Comité national pour la défense des droits des chômeurs – Cnddc), i quali sono
stati condannati con sentenze da uno a due anni di reclusione, alcune in seguito
ridotte in appello.
A marzo, un tribunale della città meridionale di El
Oued ha condannato cinque manifestanti pacifici a reclusioni fino a quattro
mesi.
A ottobre, una corte di Tamanrasset ha condannato sette
manifestanti a un anno di carcere;
A ottobre, una corte di Tamanrasset ha condannato sette
manifestanti a un anno di carcere.
Le autorità hanno confermato la messa al bando di
qualsiasi manifestazione ad Algeri. A febbraio, le forze di sicurezza hanno impedito
lo svolgimento di un raduno pacifico a sostegno dei manifestanti contro il
fracking, arrestando i partecipanti mentre giungevano sul luogo della protesta
e trattenendoli per diverse ore.
A giugno, la polizia ha disperso con la forza una
protesta pacifica organizzata da Sos Disparus, un’organizzazione impegnata in
campagne a favore delle vittime di sparizioni forzate durante il conflitto
interno degli anni Novanta, alla quale partecipavano anche anziani parenti
delle persone scomparse, la cui sorte non è mai stata rivelata dalle autorità.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Le autorità hanno perseguito giornalisti, fumettisti,
attivisti e altre persone per oltraggio, diffamazione e accuse analoghe.
A febbraio, un tribunale di Oran ha giudicato Mohamed
Chergui colpevole di aver insultato il profeta Maometto, dopo che il quotidiano
per cui lavorava, El Djoumhouria, lo aveva denunciato per un articolo
che questi aveva inviato al giornale, contenente riferimenti a una ricerca
accademica sull’Islam condotta all’estero. È stato condannato a tre anni di
carcere e al pagamento di un’ammenda di 200.000 dinari algerini (circa 1.900
dollari Usa), in sua assenza. La sua condanna è stata poi ridotta a un anno
con sospensione della pena, per la quale ha fatto ricorso.
A marzo, un tribunale di El Oued ha condannato
l’attivista anticorruzione e membro del Cnddc Rachid Aouine al pagamento di
una multa di 20.000 dinari algerini (circa 190 dollari Usa) e a sei mesi di
reclusione, pena poi ridotta a quattro mesi in appello, ritenendolo colpevole
di “istigazione a raduno non armato”. L’accusa si riferiva a un commento
sarcastico postato su Facebook.
Il giornalista Abdelhai Abdessamia è stato rilasciato
su cauzione a settembre, dopo aver trascorso oltre due anni in carcere in detenzione
preprocessuale. Lavorava per i giornali Djaridati e Mon Journal fino
alla chiusura delle due testate da parte delle autorità, avvenuta nel 2013 per
la diffusione di notizie sulla salute del presidente Bouteflika. Le autorità lo
accusavano di aver aiutato il direttore editoriale delle testate a lasciare
clandestinamente il paese per andare in Tunisia. Dopo il suo arresto, nel 2013,
Abdelhai Abdessamia era stato trattenuto per sei giorni in detenzione
arbitraria dalla polizia giudiziaria, in violazione della legislazione
algerina, prima di essere consegnato per l’interrogatorio alla gendarmeria
nazionale e alla sicurezza militare.
A ottobre, le forze di sicurezza hanno arrestato
l’attivista Hassan Bouras, membro di rilievo della Lega algerina per la difesa
dei diritti umani (Ligue Algérienne pour la Défense des Droits de l’Homme –
Laddh), nella città occidentale di El Bayadh. A fine anno era ancora in
carcere, mentre era sotto indagine per “insulto alle istituzioni pubbliche” e
“istigazione di cittadini o residenti a impugnare le armi contro le autorità
dello Stato o gli uni contro gli altri”, accuse che potevano comportare la
pena di morte.
A novembre, un tribunale di El Oued ha condannato il
fumettista Tahar Djehiche a sei mesi di carcere e a una multa di 500.000 dinari
algerini (circa 4.600 dollari Usa), per “insulto” al presidente Bouteflika e
“istigazione” di altri a unirsi a una protesta per il gas di scisto, in un
commento che aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook. Era già stato assolto
in precedenza da un tribunale di primo grado. A fine anno era in libertà in
attesa dell’esito dell’appello presso l’Alta corte.
LIBERTÀ D’ASSOCIAZIONE
Associazioni che avevano cercato di registrarsi
legalmente secondo la Legge 12-06, compresa Amnesty International Algeria, sono
rimaste in una sorta di limbo legale in attesa che le autorità fornissero una
risposta alla loro domanda di registrazione. La legge, in vigore dal 2012,
imponeva generiche e arbitrarie restrizioni per la registrazione delle
associazioni e prevedeva il reato di appartenenza a un’associazione non
registrata, sospesa o sciolta, punibile con una pena carceraria fino a sei mesi
e il pagamento di un’ammenda.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
A agosto, le autorità italiane hanno arrestato
l’avvocato per i diritti umani Rachid Mesli, fondatore di Alkarama, una Ngo per
i diritti umani con sede a Ginevra, e rifugiato politico in Svizzera. Il suo
arresto è avvenuto dopo che le autorità algerine avevano chiesto la sua estradizione,
con l’accusa di aver fornito telefonini e videocamere a gruppi terroristici,
imputazioni per le quali era stato giudicato colpevole in contumacia in
Algeria, sulla base di una sua precedente “confessione” che egli aveva
dichiarato essergli stata estorta sotto tortura. Le autorità giudiziarie
italiane lo hanno posto agli arresti domiciliari per oltre tre settimane, prima
di revocare il provvedimento e permettergli di ritornare in Svizzera.
A dicembre, le autorità locali hanno vietato un evento di
formazione ad Algeri ai membri del Coordinamento del Maghreb delle
organizzazioni per i diritti umani, tra cui difensori dei diritti umani
provenienti da Algeria, Marocco, Tunisia e Mauritania.
SISTEMA GIUDIZIARIO
A luglio, il governo ha emanato un decreto che
apportava emendamenti al codice di procedura penale, che ampliava le
alternative alla detenzione preventiva e preprocessuale. Ai sospettati veniva
specificatamente garantito il diritto di accedere agli avvocati durante la
detenzione preprocessuale, ma non durante l’interrogatorio.
A luglio, a seguito degli scontri mortali nel nord
della regione Saharan, le forze di sicurezza hanno arrestato 25 persone a
Ghardaia, tra cui Kameleddine Fekhar e altri attivisti che supportavano
l’autonomia della regione del Mzab, ponendoli in detenzione preprocessuale per
indagini su sospetti di terrorismo e istigazione all’odio. A fine anno erano
ancora in carcere.
DIRITTI DELLE DONNE
A dicembre, i legislatori hanno modificato il codice
penale, rendendo reato la violenza fisica contro il coniuge e gli attacchi
indecenti contro le donne in pubblico (non in casa).
Tuttavia, le donne continuavano a non essere
adeguatamente protette dalla violenza di genere, in assenza di una legge
esauriente, e il codice penale continuava a concedere l’impunità giudiziaria
agli uomini responsabili dello stupro di ragazze al di sotto dei 18 anni, se
sposavano la loro vittima.
IMPUNITÀ
Nel 2015 ricorreva il 10° anniversario della Carta per
la pace e la riconciliazione nazionale, che garantiva alle forze di sicurezza
l’immunità per i crimini commessi durante il conflitto interno degli anni
Novanta e negli anni successivi e criminalizzava chi criticava pubblicamente
la loro condotta durante gli anni del conflitto.
Le autorità hanno continuato a non indagare sulle
migliaia di sparizioni forzate e altre gravi violazioni dei diritti umani e
abusi, a non assicurare alla giustizia i responsabili e a non fornire rimedi
legali efficaci alle famiglie delle vittime. I familiari delle persone
scomparse, ancora impegnati nella ricerca di verità e giustizia per i loro
cari, sono stati posti sotto sorveglianza e ripetutamente convocati dalle forze
di sicurezza per essere interrogati.
DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI
Profughi e migranti subsahariani hanno continuato a
entrare irregolarmente in Algeria, passando per lo più attraverso i confini
meridionali, dove si è verificata la maggior parte degli arresti di migranti e
richiedenti asilo, effettuati dalle forze di sicurezza algerine. Secondo fonti
di stampa, ad aprile l’esercito algerino ha arrestato circa 500 migranti
subsahariani vicino al confine con il Niger.
PENA DI MORTE
I
tribunali hanno emesso decine di condanne a morte, per lo più per omicidio e
reati di terrorismo, riguardanti anche casi giudiziari risalenti al conflitto
interno degli anni Novanta.