di Domenico Letizia
Comprendere la
questione di un popolo abbandonato in un ‘limbo’ d’indifferenza attraverso
l’Osservatorio del Sahara per la pace, la democrazia e i diritti umani (OSPDH):
un territorio conteso, ormai da troppi anni, tra Marocco, Algeria e Fronte
Polisario
Quella del Sahara Occidentale del Marocco è una
problematica poco dibattuta a livello internazionale, ma molto conosciuta
nel Nord Africa, a causa dei conflitti che sono in corso e del
gioco diplomatico che coinvolge più Stati regionali. Il Sahara
Occidentale fu una colonia spagnola per quasi un secolo: un esteso
territorio sulla costa atlantica con circa mezzo milione di abitanti, conteso a
causa della sua ricchezza di fosfati. Fu annesso dal Marocco nel 1975 e,
un anno dopo, il Fronte Polisario, sostenuto dall’Algeria,
proclamò la nascita della Rasd (Repubblica araba dei Sahrawi), reclamando
l’istituzione di un referendum di autodeterminazione che non rispecchiava le
convenzioni internazionali e delle Nazioni Unite.
Le due parti, Marocco e Polisario, non
hanno mai trovato un accordo sui termini del referendum e su chi avesse diritto
al voto. Purtroppo, nonostante gli sforzi della monarchia marocchina, le
interferenze dell’Algeria creano numerosi problemi, che
il Regno del Marocco tenta di affrontare con pragmatismo,
attenzione e collaborazione con le istituzioni internazionali.
Durante i lavori della missione dell’Istituto di Ricerca di
Economia e Politica internazionale (Irepi) e della Federazione
italiana Diritti umani (Fidu), nella città di Laâyoune abbiamo
avuto modo di approfondire la problematica con i rappresentanti locali della
Ong: Osservatorio del Sahara per la pace, la democrazia e i diritti
umani (OSPDH). La città di Laâyoune è situata a
circa 30 chilometri dalla costa atlantica, sulla sinistra
del Uadi Saguia El-Hamra ed è facilmente raggiungibile tramite
collegamento aereo.
La città è la più grande del Sahara Occidentale. Il Re
del Marocco ha investito molto nell’area desertica. E numerosi sono i
progetti per lo sviluppo e l’implementazione dell’economia locale, nel
tentativo di far crescere le zone martoriate dal lungo conflitto. In queste
aree, la priorità umanitaria resta la questione migrazioni e migranti. Ci sono,
infatti, 1500 migranti che vivono nel distretto cittadino, i
quali lavorano negli ingranaggi del settore primario dell’agricoltura e della
pesca, con ottimi rapporti commerciali con le Isole Canarie, distanti
solamente 80 chilometri dalla città. L’Ong lavora
all’integrazione e alla valorizzazione dei migranti, ma numerosi sono i
problemi denunciati legati ai finanziamenti, poiché la propaganda e il
conflitto creano difficoltà nella raccolta fondi e nelle richieste progettuali
a Ong europee e a istituzioni internazionali.
Chiarissime sono le parole della presidente della struttura, Aicha
Duihi: “Noi vogliamo che le Ong europee ascoltino la nostra
voce”. I rappresentanti dell’organizzazione descrivono, con dovuta
attenzione, il lavoro delle istituzioni del Marocco nella
zona: le persone ospitate negli accampamenti hanno una regolare documentazione,
che certifica il loro status di rifugiati. E quasi tutti lavorano senza
discriminazioni da parte delle autorità o dei cittadini. Molti sono i prodotti
che l’Unione europea ha inviato nei campi di Tindouf, come
sardine e farina, che spariscono prima di giungere nei territori a causa delle
interferenze del Polisario.
Il parlamento europeo, secondo quanto ci dicono i
rappresentanti dell’organizzazione, ha chiesto più volte al Polisario di
conoscere le statistiche e la cifra esatta delle persone presenti nei campi, ma
ancora oggi non si conosce il numero esatto della popolazione nelle zone soggette
al controllo del Fronte Polisario.
“Il Polisario”, afferma Aicha Duihi, “continua a
mentire. E noi chiediamo statistiche certe sui numeri e le difficoltà dei
campi. Noi non abbiamo capito chi rappresenta il Polisario. Il 95% del popolo
del Sahara vive qui, nelle regioni del Marocco. I rappresentanti del Polisario
sono gli stessi dal 1977 e loro parlano di democrazia. Solo in Marocco ho
conosciuto le libere elezioni, democratiche e trasparenti e sono stata libera
di votare senza costrizioni. Noi chiediamo una soluzione pacifica, decisa e
definitiva della problematica del Polisario. E chiediamo ai rappresentanti di
tale pseudo-governo di avanzare proposte precise, per intraprendere un vero
processo di pace e democrazia. L’Unione europea e il mondo intero non può
ignorare quello che noi denunciamo. Noi sappiamo che lo scopo dell’Algeria è
quello di estendersi verso il mare e questo è il ‘sunto’ del conflitto del
Polisario. Un Paese pieno di miniere di ferro, che vuole espandere i propri
confini, mentre il Regno del Marocco avanza proposte specifiche di pace e
democrazia. Abbiamo solo due scelte: o il conflitto cessa con una soluzione
pacifica, oppure si estenderà ancora per tanto tempo, senza alcuna
soluzione”. Le armi migliori della Ong sono quelle
dell’educazione e dell’approccio pedagogico, con lo svolgimento e la stesura di
progetti per l’educazione e la pace che gli attivisti del Sahara vorrebbero
far conoscere meglio alle istituzioni della Ue e al parlamento
europeo. “Il nostro sogno”, ribadisce Aicha Duihi, “è
quello di continuare con la programmazione dei progetti. Ci occupiamo di
migrazione, sviluppo sostenibile, lavori sociali. E siamo fieri che la nostra
partecipazione sia popolare e riconosciuta dai cittadini.
Giuridicamente”, concludono senza mezzi termini i rappresentanti
dell’Organizzazione non governativa, “il territorio è sotto
l’amministrazione del Marocco, ma numerose sono le interferenze da parte
dell’Algeria”.